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di Giulia Lovaste e Rosaria Arancio, Studio Legale Grimaldi (leggi di Giulia Lovaste Europa e crisi energetica. Presentato il non-paper con le nuove misure emergenziali)

Ambizioni europee

Ridurre il consumo energetico complessivo dell’Unione è fondamentale per la sicurezza energetica e la mitigazione climatica in Europa. Già nel suo discorso sullo stato dell’Unione del settembre 2020, la Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen manifestò l’importanza di raggiungere questo obiettivo avviando azioni coordinate a livello europeo, tra cui la revisione della Direttiva 2018/844/UE, la cosiddetta Energy Performance of Building Directive (“EPBD”).

Energy Performance of Building Directive

La EPBD propone standard minimi di prestazione energetica per gli edifici e obblighi di riqualificazione in un dato arco temporale (tra i 10 e i 30 anni). Si tratta di tre obiettivi energetici, che impongono agli immobili esistenti (ferme talune eccezioni di carattere artistico e culturale) di qualificarsi:

  • classe energetica “E” entro il 1° gennaio 2030;
  • classe energetica “D” entro il 2033;
  • zero emission” entro il 2050.

Inoltre, la direttiva punta al soddisfacimento del fabbisogno energetico residenziale attraverso fonti rinnovabili generate in loco entro il 2050. Ciò consentirebbe di superare l’utilizzo di fonti energetiche fossili (utilizzate nell’80% delle abitazioni), quali gas e metano.

La EPBD è tuttora in fase di discussione nei cosiddetti “Trialogues” tra le principali istituzioni europee. A ottobre 2022 il Consiglio UE ha raggiunto un accordo con gli Stati Membri per imporre standard zero emissions entro il 2030 per i nuovi edifici ed entro il 2050 per quelli esistenti.

Da ultimo, il testo della direttiva è stato approvato dal Parlamento europeo riunito in plenaria il 14 marzo, che si è rivelato l’istituzione più ambiziosa. Tra le proposte iniziali vi era persino il divieto di vendita e/o locazione degli immobili residenziali in caso di mancata compliance con gli standard europei. Nonostante le ipotesi più onerose siano state scartate, la revisione della legislazione sulla prestazione energetica rimane tra le priorità legislative più pressanti per il 2023-2024.

La realtà italiana

La EPBD ha suscitato un vivace dibattito nazionale grazie alla mozione approvata nella Camera dei deputati lo scorso 8 marzo, caratterizzata da una notevole opposizione alle proposte europee.

Il patrimonio edilizio italiano

Secondo lo studio condotto dal Ministero dell’economia e delle finanze e dall’Agenzia delle entrate e citato dai deputati nella mozione, il patrimonio edilizio italiano attuale si compone di oltre 57 milioni di unità immobiliari, di cui la maggior parte si qualifica nelle classi energetiche a minore efficienza (F e G). Inoltre, secondo stime complementari di ENEA, le abitazioni in classe inferiore alla D sono circa il 74% (34% G, 23,8% F, 15,9% E). La crescita del tessuto urbano italiano è da collocarsi infatti principalmente nell’immediato dopoguerra, quando gli standard di risparmio ed efficientamento energetico non erano una priorità. Invero, la prima disposizione sul contenimento dei consumi energetici arrivò solo nel 1976 (legge 373/1976).

L’Italia e l’EPBD europea

In caso di approvazione definitiva, l’assetto edile italiano dovrà quindi adattarsi in poco tempo a standard ambiziosi, che muteranno significativamente il patrimonio architettonico esistente. L’avanzamento di classe energetica richiede un taglio di ca. il 25% dei consumi, raggiungibile solo attraverso modificazioni strutturali che richiedono ingenti risorse economiche e di tempo. Secondo l’Associazione nazionale costruttori edili, la riqualificazione necessiterebbe di 600 anni per essere portata a termine, ben oltre il decennio previsto da Bruxelles. Tutto ciò senza considerare gli atti legislativi che trasversalmente coinvolgono l’edilizia, come la direttiva sull’energia rinnovabile (RED II) e l’Industrial Emissions Directive.

Come evidenziato dal Ministro dell’Ambiente Picchetto in nota di commento all’approvazione del testo della direttiva, le ambizioni europee risulterebbero quindi insensibili – se non incompatibili – alla realtà italiana. Innanzitutto, è ancora da chiarire quale sarà la provenienza dei fondi per portare avanti la ricostruzione architettonica del territorio.

Gli interventi necessari per il raggiungimento dei minimi previsti dalla Commissione europea necessitano di ingenti investimenti economici in un orizzonte temporale limitato. In assenza di un meccanismo di incentivazione statale (o europeo) le spese colpiranno in maniera sproporzionata le famiglie vulnerabili, già afflitte dal rincaro bollette. Inoltre, la svalutazione del patrimonio immobiliare per la non conformità con gli standard energetici avrebbe serie ripercussioni sia sui proprietari di detti immobili sia sugli enti creditizi che hanno iscritto ipoteca sugli stessi. Rischio rispetto al quale il regolamento di esecuzione (UE) 2022/2453 impone standard di disclosure prudenziale (e di rendicontazione non finanziaria) per i quali gli enti creditizi sono tenuti a pubblicare informazioni prudenziali sul rischio a cui sono esposti i prestiti garantiti da immobili.

Conclusioni

Sebbene la EPBD si inserisca in un’ampia politica di sostenibilità, la direttiva svela la complessità di conciliare i tre pilastri della transizione green: sostenibilità ambientale, economia e sociale. In casi pratici e fattispecie concrete come l’edilizia – almeno per l’Italia – l’incentivo della sostenibilità energetica sembra indirettamente comportare l’indebolimento dell’economia e della sfera sociale.  

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