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Nuovi modelli per la transizione: innovazione tecnologica, gestionale e finanziaria

Di Luigi Bottos, Head of ESG Certification Strategic Centre di RINA (leggi dello stesso autore “Misurare la circolarità“)

Transizione energetica e sostenibilità del business

La transizione energetica abbraccia la totalità dei settori dell’economia italiana, introducendo diverse opportunità non solo per le grandi aziende ma anche per le PMI. Il percorso di transizione energetica per essere efficace deve tradursi in sostenibilità del business, capacità di generare una posizione di business competitiva con ritorni stabili nel tempo. In altre parole, un’azienda deve creare un valore condiviso con tutti gli stakeholder in modo duraturo, compresa la catena di fornitura.

Processi ESG e finanza sostenibile

In questo contesto gli stakeholder stanno richiedendo sempre più informazioni ESG alle aziende. Disporre di dati ESG affidabili è essenziale per evitare distorsioni nei mercati (greenwashing) e allocazioni errate dei capitali da parte di banche e investitori.

Il rating ESG è un giudizio sintetico che misura la solidità di un’azienda sia dal punto di vista economico-patrimoniale sia da quello della sostenibilità. Pur non sostituendo un rating finanziario tradizionale, esso permette l’accesso a finanziamenti sostenibili e viene richiesto sempre di più per dare l’accesso a filiere e catene di valore. La finanza sostenibile consente a un’organizzazione di accedere a un finanziamento, di natura privata (ad esempio green, social, sustainable bond) o pubblica (ad esempio i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR), per realizzare un investimento sostenibile. Tuttavia, non esiste una metodologia univoca e condivisa dei parametri ESG e questo crea confusione, nonché rating ESG molto discordanti. 

L’Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) ha pubblicato la sua roadmap per la finanza sostenibile 2022-2024. Due sono le priorità individuate: contrastare il greenwashing e promuovere la trasparenza dell’organizzazione attraverso la definizione di metodologie univoche di valutazione ESG. A ciò si dovrebbe aggiungere un rating sull’analisi dei processi organizzativi e operativi di un’azienda, per valutare la capacità di mettere a terra gli investimenti che si traducono nella realizzazione di beni e di servizi. 

Che cos’è un investimento sostenibile?

La tassonomia Ue

Per definire cosa sia un investimento sostenibile ci viene in aiuto la tassonomia della finanza sostenibile dell’Ue (tassonomia Ue) adottata nel luglio 2020 con il regolamento 2020/852, che definisce i criteri per determinare se un’attività economica possa considerarsi ecosostenibile al fine di individuare il grado di sostenibilità di un investimento dal punto di vista ambientale e sociale. La tassonomia Ue è una sorta di inventario per il futuro, consente di fare chiarezza sulle attività economiche che possono essere considerate sostenibili e fornisce al mercato uno strumento utile a comprendere le performance ambientali.

La tassonomia è concepita come strumento per guidare le scelte di investitori e imprese in vista della transizione verso una crescita economica priva di impatti negativi sull’ambiente e sul clima, contribuendo a ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 (Fit for 55) e di azzerarle entro il 2050, come previsto dal Green deal europeo. L’obiettivo del Green deal, infatti, è quello di dissociare la crescita economica dall’uso delle risorse ripristinando qualità ambientale e salute di persone e natura.

La finanza sostenibile intende perciò orientare i flussi di denaro dei mercati finanziari verso attività economiche definite sostenibili in accordo con la tassonomia. In questo modo anche i capitali privati potranno contribuire a rendere l’ambiente più pulito e sano al fine di raggiungere gli obiettivi del Green deal.

La tassonomia sociale

La Commissione europea, in linea con l’attuale contesto legislativo in materia di finanza e governance sostenibili, ha già pubblicato il rapporto finale sulla tassonomia sociale. Questo documento ha l’obiettivo di identificare approcci credibili per mitigare i rischi reputazionali collegati agli aspetti sociali e fornire una guida ai partecipanti al mercato dei capitali, aiutandoli a riconoscere gli investimenti sostenibili e ad allocare le risorse in modo efficiente.

Obiettivi e criteri di un’attività sostenibile

Le attività sono selezionate in base alla possibilità di contribuire a sei obiettivi ambientali identificati dalla Commissione europea:

  • Mitigazione del cambiamento climatico
  • Adattamento al cambiamento climatico
  • Uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine
  • Transizione verso l’economia circolare con riferimento anche a riduzione e riciclo dei rifiuti, prevenzione e controllo dell’inquinamento
  • Protezione della biodiversità e della salute degli ecosistemi

Per essere ecocompatibile, un’attività deve soddisfare quattro criteri:

  • Contribuire positivamente ad almeno uno dei sei obiettivi ambientali
  • Non produrre impatti negativi su nessun altro obiettivo
  • Essere svolta nel rispetto di garanzie sociali minime
  • Rispettare i criteri tecnici identificati da atti delegati adottati dalla stessa Commissione europea

Adesione volontaria e obbligo di trasparenza

Bruxelles avrebbe potuto imporre direttamente delle regole per le banche e i fondi di investimento, ad esempio tassando o chiedendo extra capital requirement nel caso di prestiti ai settori più inquinanti oppure stabilendo una quota standard di investimenti obbligatori in attività ecocompatibili. Invece, la Commissione europea ha scelto la strada dell’adesione volontaria dei partecipanti ai mercati. L’unico obbligo che l’Unione europea impone è, perciò, la trasparenza: la disclosure, cioè la pubblicazione di dati sensibili da parte di aziende, banche e fondi di investimento in modo che i mercati e gli investitori abbiano informazioni chiare e comparabili sulla sostenibilità.

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