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Programmazione, il segreto del fare impresa

Riprendiamo il nostro discorso su transizione ecologica e sostenibilità nel mondo dell’edilizia con Andrea Cavallari, architetto, imprenditore, presidente del Comitato Regionale Giovani Imprenditori Edili di ANCE Piemonte e Valle d’Aosta e vice presidente nazionale dei Giovani Costruttori Edili con delega alla transizione ecologica.

In qualità di membro del consiglio d’amministrazione di Secap SpA, azienda di famiglia che da cinque generazioni lavora nel settore edile, e di delegato nazionale dei giovani di ANCE, come vedi l’applicazione dei principi di sostenibilità nel mondo delle costruzioni?

Da tempo si parla di transizione green e la popolarità che il tema ha raggiunto rischia di rendere la sostenibilità un’etichetta vuota di significato. In ambito edilizio si parla tanto di end of waste, criteri ESG, efficientamento energetico, riduzione delle emissioni; quando ci si occupa contemporaneamente di così tanti temi risulta talvolta difficile capire dove concentrare le forze. La Direttiva 2018/844/UE EPBD (efficienza energetica degli edifici) impone l’azzeramento delle emissioni entro il 2050. Un obiettivo difficile da raggiungere per la filiera delle costruzioni, attualmente causa di oltre il 35% delle emissioni totali di gas serra, che prevede un lavoro “per commesse” e mette in campo necessità e attività molto differenti tra loro. Vanno quindi messe in atto con serietà strategie precise e concrete.

L’Unione europea impartisce direttive a livello comunitario senza guardare alla valenza, alla storicità e al tessuto reale degli stati membri. L’Italia, per esempio, presenta al proprio interno un patrimonio edilizio estremamente differenziato. Applicare una direttiva generale senza prendere in considerazione i vari contesti con cui si interagisce è rischioso; bisogna invertire la tendenza, partire dai singoli territori per giungere al net zero entro il 2050. Come costruttori, parte finale della filiera, dobbiamo guardare dal basso verso l’alto.

Il superbonus 110% ha dato grande impulso all’economia e all’impatto sostenibile ma, a causa delle modifiche “in corsa” apportate alla normativa e delle tempistiche serrate, ha avuto ricadute negative in termini di longevità della programmazione dei lavori e ha causato immobilità nelle imprese aderenti. Ciò ha impedito all’imprenditore di agire come tale, perché per accettare di correre un rischio bisogna quantomeno disporre di una pianificazione temporale certa. Per giungere alla riduzione delle emissioni climalteranti e assicurare qualifica e qualità dei lavori, dunque, devono essere garantite tempistiche consone e atti delega concordati con gli stati membri. Non solo: anche disponendo di direttive e scadenze chiare, il discorso crolla di fronte alla realtà dei nostri territori, così diversi e non standardizzabili. La normativa è netta ed efficace, ma deve essere calata in un contesto territoriale variegato e deve tener conto del patrimonio storico italiano da tutelare.

Quale strada deve quindi intraprendere l’edilizia per raggiungere il net zero entro il 2050 senza ricadere in queste criticità?

La strada potrebbe essere quella di concedere incentivi con percentuali sensibilmente ridotte, per far sì che tutto il patrimonio edile, ivi compreso quello che fa capo a società immobiliari, possa essere rimesso a nuovo. Per una società o fondo immobiliare che si pone obiettivi “green” anche il degrado è un costo. Si potrebbe valutare anche l’idea di promuovere un superbonus che non consideri più il singolo edificio, ma agisca su scala urbana con la creazione di comunità energetiche, iniziando così a ragionare su un super(extra)bonus di quartiere.

Bisogna trovare una formula per fare edilizia a prezzi onesti garantendo il plus della sostenibilità, il cui costo va riconosciuto a imprese e cittadini. Il processo di costruzione è sostenibile solo se lo è tutta la filiera: è questa la vera sfida a cui siamo chiamati. Bisogna dichiarare quanto costa la sostenibilità e fornire un prodotto in linea con le città, le regioni, lo Stato e le direttive europee. Solo così avremo una riduzione entro il 2030 delle emissioni climalteranti, in vista del loro azzeramento al 2050.

Quali iniziative porta avanti ANCE Giovani sul territorio rispetto alle tematiche di sostenibilità?

Ci stiamo concentrando molto su “Macroscuola”, ambizioso progetto che mira a formare e sensibilizzare le giovani generazioni. Investiamo molto sulla formazione per due ragioni: perché ai tempi del superbonus abbiamo sofferto una carenza di collaboratori; per diffondere una nuova cultura del mestiere di costruttore edile, tenuto oggi in scarsa considerazione dai giovani. “Macroscuola” è un momento
dedicato alla comunicazione e alla promozione tra le nuove generazioni di tematiche sostenibili, ma è anche un’occasione per comunicare quello che è il nostro lavoro e quanto sono importanti, all’interno della nostra attività, gli aspetti di sostenibilità. Dobbiamo dimostrare che quello dell’edilizia non è un settore vetusto e che può essere innovativo, tecnologico e soprattutto sostenibile.

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