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Fertilità: perdiamo un ettaro al secondo

Di Marco Poggianella, CEO e co-founder SOP

Chi ha a che fare con l’agricoltura?

Avete a che fare con l’agricoltura? Forse molti di voi avranno risposto di no. Mangiate? Utilizzate vestiti? Dormite in un letto? Bevete caffè, tè, succhi, vino, birra? La risposta, in realtà, è che tutti noi abbiamo a che fare con l’agricoltura: mangiare è un atto agricolo, anche bere. Ma lo è anche vestirsi, arredare una casa. Tutto il cibo che mangiamo e beviamo, ad eccezione dell’acqua e della pesca, ha origine dall’agricoltura. La stessa cosa vale per i vestiti: che siano di cotone, lana, seta, canapa, lino, pelle, sono stati da qualcuno coltivati o allevati.

Dopo i servizi, l’agricoltura è il settore che impiega il maggior numero di persone in tutto il mondo, fornendo mezzi di sostentamento al 40% della popolazione mondiale. Rendere l’agricoltura sostenibile è quindi fondamentale per un mondo nel quale un terzo delle persone è impiegato nell’agricoltura e nella trasformazione dei cibi o dei tessuti.

Cos’è l’agricoltura intensiva?

L’agricoltura intensiva ha consentito di produrre una grande quantità di cibo per un mondo in costante crescita. Impiega e offre lavoro a moltissime persone, creando un indotto economico molto alto; è utilizzata da almeno tre secoli in alcuni Paesi del mondo e le sue origini si possono ricercare nella Rivoluzione agraria del 1700 in Inghilterra. Si tratta di un sistema di produzione agricola che consente di produrre grandi quantità in poco tempo e a costi minori, sfruttando al massimo il terreno.

Agricoltura (in)sostenibile

Per produrre sempre di più, grandi estensioni di terreno sono coltivate con piante della stessa specie, nutrite (o supernutrite) con concimi chimici, difese con pesticidi e mantenute “protette” dalla competizione con altre piante con i diserbi, talvolta anche modificate geneticamente per resistere ai diserbi stessi. Inoltre, è caratterizzata dall’uso di macchinari, nonché di grandi quantità di energia. Presenta un alto grado di tecnicizzazione, motivo per cui viene solitamente utilizzata nelle economie sviluppate. Tra gli esempi più noti di questo tipo di agricoltura vi sono le serre a coltivazione intensiva, che sfruttano energia per ottenere una produzione su larga scala, oltre a macchinari estesi per estrarre la produzione.

I cereali come mais, soia, frumento e riso, base dell’alimentazione mondiale, vengono coltivati per la maggiore parte in maniera intensiva con monoculture a perdita d’occhio, come per esempio il mais nella Pianura Padana. I sostenitori dell’agricoltura industriale difendono queste pratiche perché tendenzialmente associate ad una resa maggiore, permettendo un utilizzo minore di terreno e quindi risparmio di aree utili per la conservazione della biodiversità. 

L’impatto negativo sull’ambiente

Purtroppo, per far fronte a una domanda sempre più alta vengono forzati i ritmi naturali e modificati gli equilibri ecologici con un forte impatto sull’ambiente. L’utilizzo di grandi e numerosi macchinari, l’abuso di fertilizzanti e pesticidi chimici e lo sfruttamento delle risorse idriche sono alla base dei mutamenti climatici a cui stiamo assistendo negli ultimi anni. Questo implica una perdita importante di biodiversità che rende di fatto questo tipo di agricoltura non-sostenibile: la monocultura dal 1900 ha portato ad una perdita del 75% della biodiversità genetica nelle nostre coltivazioni. In Italia siamo passati dalle 8000 varietà di frutta di inizio Novecento a meno di 2000, e la gran parte sono considerate a rischio di estinzione. Più del 60% dei semi al mondo è prodotto da quattro multinazionali.

L’integrazione nei semi di biocidi come i neonicotinoidi ha drasticamente ridotto la biodiversità e la vita nei campi. Sono sempre più solide le prove che collegano lo spopolamento degli alveari, che da diversi anni interessa vari Paesi, alla semina di mais conciato con insetticidi neonicotinoidi. La causa sono le emissioni in atmosfera di particolato (polveri sottili) contenente l’insetticida durante le operazioni di semina. Un terzo del cibo che mangiamo dipende dagli insetti impollinatori o pronubi, probabilmente i più importanti per la sopravvivenza dell’uomo sulla Terra. Questi insetti hanno un ruolo fondamentale nell’ecologia dell’intero pianeta, poiché sono responsabili dell’impollinazione di oltre l’80% delle piante selvatiche e di quelle coltivate e, quindi, della loro e della nostra sopravvivenza. Api, farfalle, falene, ma anche mosche, bombi, sirfidi, coleotteri e ortotteri sono importanti, nonché necessari alla maggior parte delle piante di interesse agricolo.

Oltre ai citati biocidi, le monoculture hanno praticamente eliminato le siepi, alterato la frammentazione delle aree naturali e reso inospitale l’ambiente e la loro vita.

Gli allevamenti intensivi

Nell’agricoltura intensiva rientrano anche gli allevamenti intensivi. Prodotti come carne, uova e latte sono molto richiesti nei mercati alimentari contemporanei, e soddisfare questa richiesta è stato possibile solo attraverso l’intensificazione degli allevamenti.

Molte sono le critiche mosse a questa tipologia di allevamento. I detrattori li ritengono fonte di un enorme impatto ambientale e di emissioni di gas serra (attraverso le emissioni enteriche e dai liquami), nonché un pericolo per l’igiene, la salute e per l’economia soprattutto dei Paesi del Terzo Mondo. Inoltre, visto l’enorme consumo di cereali utilizzati per nutrire gli animali, sostengono che contribuiscano grandemente al problema della fame nel mondo. Un’altra polemica è quella sulla necessità di disporre di terreni per produrre i mangimi, aree che potrebbero essere destinate alle coltivazioni di piante per il consumo umano. Ciò è solo parzialmente vero: secondo la FAO due terzi delle terre considerate agricole sono terre marginali, non adatte a coltivare colture a causa della qualità del suolo o della mancanza di sufficiente acqua.

Per un’agricoltura e un allevamento sostenibili

È chiaro a tutti che allevamento e agricoltura sostenibili siano fondamentali per la nostra sopravvivenza. Da oltre venticinque anni mi occupo di rendere l’agricoltura sostenibile. Ho fondato un’impresa per creare e diffondere soluzioni pratiche, efficaci e sostenibili in tale senso. Con questo mio primo contributo per ImprontaZero® prende avvio una collaborazione che ci porterà a capire cosa è possibile fare dal punto di vista agricolo e, come consumatori, come è possibile scegliere e contribuire ad orientare le attività umane verso modelli agricoli sostenibili.

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