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di Giulia Falzone, redazione ImprontaZero

La città del futuro secondo il presidente di ANCE Giovani: puntare su innovazione, sostenibilità e qualità.

Imprenditrice, manager e da dicembre 2021 presidente di ANCE Giovani. Il vostro XXII convegno nazionale arriva in una fase cruciale per il Paese e per il vostro settore. Partiamo da come state affrontando questo momento, tra opportunità legate al PNRR e complessità, dovute all’aumento dei costi energetici e dei materiali.

Il 2022 è iniziato con grandi aspettative e speranze per il futuro che si sono poi infrante, complice la guerra in Ucraina. Dalla fine del 2020 ci siamo dovuti confrontare con il caro materiali, effetto fisiologico della ripartenza post pandemia, in gran parte dovuto alla ripresa della domanda cinese. Quest’anno, con lo scoppio del conflitto in Ucraina, l’inflazione all’8,5 per cento e costi energetici più che decuplicati, siamo in una situazione di grande preoccupazione. Il “decreto aiuti” varato nel 2022 è stato un forte segnale di sostegno alle imprese per i lavori in corso; uno sforzo pressoché vanificato, tuttavia, dai rincari successivi. In estate infatti per effetto del caro energia abbiamo registrato un aumento medio dei costi di cantiere del trentacinque per cento. Lo scenario è complicato dall’incertezza sulle misure che verranno adottate alla scadenza del “decreto aiuti”. Molte gare del PNRR sono state bandite in ritardo, anche per le difficoltà nell’adeguamento dei prezziari, e c’è un ritardo sulla spesa (come evidenziato anche nel DEF, nel 2022 sono stati spesi solo venti dei trenta miliardi previsti). Oltre all’aumento dei prezzi le imprese del nostro settore, in particolare le PMI, devono fare i conti con problemi di liquidità legati ai bonus fiscali. A riguardo ANCE aveva chiesto da subito che ci fossero regole chiare e che l’accesso al mercato fosse consentito solo a chi è realmente del mestiere, escludendo soggetti improvvisati. Ora occorre salvare le imprese oneste che hanno creduto in questi strumenti e lavorare insieme su una versione 2.0 di queste misure, ricordando che il settore edile è strategico. Ogni euro speso in costruzione ha una ricaduta di tre volte e mezzo sul territorio e sulle persone. Non è un caso che il cinquanta per cento dei fondi del PNRR passi dall’edilizia e il settanta per cento dei fondi dedicati ad efficientamento energetico e sostenibilità sia collegato al nostro comparto. Se, come Paese, non vogliamo perdere le risorse del PNRR dobbiamo adempiere ai nostri impegni in materia di decarbonizzazione e senza il contributo delle costruzioni non potremo raggiungere gli obiettivi previsti.

ANCE Giovani riunisce oltre 1800 imprenditori del settore edile tra i 18 e i 40 anni; quale visione avete per il futuro del vostro comparto? Quale ruolo gioca in questa visione la sostenibilità e come si concretizza nelle vostre azioni oggi?

Riassumo la nostra visione in una parola, che dà anche il titolo al nostro convegno, “costruttivi”. Siamo giovani imprenditori, non solo e non tutti figli di imprenditori. Abbiamo già ruoli operativi, molti di noi sono titolari della propria impresa e abbiamo l’onere e l’onore di pensare al futuro che vivremo noi e i nostri figli. Vogliamo contribuire alla costruzione di un mondo che non può esulare da innovazione e sostenibilità. Non riusciamo e non vogliamo immaginare una società che non sia sostenibile, perché viviamo in un ecosistema talmente fragile in cui i segnali dei cambiamenti climatici sono ormai evidenti. Considerato che il costruito e le costruzioni cubano il quaranta per cento delle emissioni di CO2, di cui il ventotto per cento è connesso alla gestione dell’immobile e nel costruito e il dodici per cento riguarda la fase esecutiva, serve pensare in maniera sostenibile e innovativa dal punto zero. Questo si concretizza in rigenerazione urbana, recupero dell’esistente, efficientamento energetico, ma anche razionalizzazione degli spazi perché la società del futuro non sarà uguale a quella di oggi. Servono infrastrutture costruite e gestite secondo logiche sostenibili, investimenti nella manutenzione e nella messa in sicurezza di quelle esistenti. Pensiamo alle città del futuro, condividiamo una strategia a lungo termine. Parigi, ad esempio, ha un piano al 2050 e anche una simulazione (provocatoria) di come sarebbe la vita a cinquanta gradi.

In base alla tua esperienza internazionale e anche alla luce dell’esempio che ci hai portato, quali sono gli aspetti che rallentano l’innovazione nel vostro settore e l’evoluzione in chiave sostenibile?

Il nostro comparto soffre di un bassissimo tasso di innovazione a livello globale, come evidenziato anche da studi internazionali che collocano l’edilizia al penultimo posto, meglio solo dell’agricoltura. Perché? Siamo un settore in cui storicamente è il prezzo il criterio principale in base al quale si viene valutati per un lavoro e quando domina la logica del minor prezzo e non della maggior qualità non c’è incentivo a innovare. Con marginalità basse e una visione a breve termine, l’impresa è portata a concentrarsi sulla propria sopravvivenza, tanto più in un mercato, come quello italiano, frammentato in PMI. Come associazione stiamo da tempo spingendo perché venga premiata la qualità e la situazione sta iniziando a migliorare nelle opere pubbliche, ad esempio, dove la componente prezzo non è più trattata in maniera lineare ma con metodologie in grado di considerare anche la qualità. La spinta all’innovazione, in un mercato a bassa marginalità, non può essere di natura coercitiva, ma deve essere legata a forme di premialità. Vogliamo che le nostre imprese innovino e crescano in chiave sostenibile, in virtù di un reale cambiamento di mentalità e strategia, e non solo per l’ennesimo obbligo da assolvere. Per questo è importante che ci sia una comunione di intenti: se a monte la committenza, pubblica o privata, crede nell’innovazione e nella sostenibilità, premierà le imprese che la offrono. Lo Stato deve lavorare con associazioni di categoria, imprese e stazioni appaltanti per far avanzare il settore in termini di innovazione e sostenibilità. Molti di noi stanno già operando volentieri in questa direzione, con risorse proprie, ma non tutti riescono, per ragioni economiche e formative-culturali. Serve un’azione condivisa a trecentosessanta gradi.

A proposito di formazione, il settore edile è spesso ancora associato ad antichi stereotipi che lo rendono poco attrattivo per chi si affaccia al mondo del lavoro. Forse manca una reale conoscenza delle opportunità che può offrire, delle competenze e delle nuove figure professionali fondamentali anche per l’evoluzione sostenibile delle costruzioni.

Il tema della formazione è centrale. Come comparto paghiamo una percezione antiquata del settore, considerato “vecchio e sporco”. Capita spesso di sentire genitori che dicono ai figli frasi del tipo “se non studi ti mando a fare il muratore”. Al di là del fatto che non c’è nulla di male nel fare il muratore, occorre far conoscere ai più giovani le mille opportunità offerte dall’edilizia. In cantiere operano tante figure diverse: dall’operaio semplice, ai tecnici specializzati, ai progettisti, agli esperti di sostenibilità, gestione della qualità e della sicurezza. La Scuola Edile offre molte possibilità di formazione e il contratto dell’edilizia è uno dei più vantaggiosi, perché stiamo continuando a investire in prevenzione, preparazione e previdenza. Come ANCE Giovani ci stiamo impegnando su tutto il territorio per il rebranding del comparto, con percorsi nelle scuole medie e superiori per presentare il nostro settore sotto una luce diversa, mostrandone l’evoluzione, i ruoli più ricercati e le competenze legate a innovazione e sostenibilità. Forse in questo periodo nessun ragazzo valuta di fare il costruttore, anche perché veniamo da anni di crisi in cui mancava il lavoro; ora il lavoro c’è ma a scarseggiare sono tutte le figure professionali connesse. C’è un gap formativo e un disallineamento tra domanda e offerta che ANCE segnala da tempo e per colmare i quali non basta l’azione della nostra categoria, ma occorre un impulso a livello di programmazione nazionale.

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