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di Carmen Bizzarri – Università Europea di Roma

Dal 1987, anno nel quale fu pubblicato il Rapporto Brundtland, la sostenibilità dello sviluppo ha permeato tutti i settori dell’economia. La sostenibilità infatti vuole essere un modello di uso delle risorse diretto a soddisfare le necessità delle generazioni presenti senza compromettere la capacità di quelle future di rispondere alle loro. Per questo motivo il turismo è stato uno dei primi settori che ha cercato di modificare l’utilizzo delle risorse in chiave sostenibile in modo da evitarne il degrado, scongiurare la fine del ciclo di vita, così come sostenuto da Butler, e consolidare il suo impatto economico, da sempre ritenuto stagionale. La sostenibilità, insomma, è stata una occasione per elevare il turismo a settore non più marginale nel panorama dei possibili usi di risorse.

Nonostante tale proposito, ancora oggi non è poi così chiaro quale sia il modello (o se ve ne siano tanti) di turismo sostenibile. La sostenibilità, come ben sappiamo, può essere valutata sia a livello locale – si pensi al motto think global, act local – considerando se il turismo possa utilizzare le risorse abbondanti di un territorio e verificando la correttezza del costo-opportunità, sia a livello globale, incidendo su problemi ambientali non più differibili. Riconsiderare il fenomeno turistico, da sempre definito smokeless – privo di impatti negativi sull’ambiente in quanto non direttamente legato ad una attività industriale – oggi appare strategico, in quanto nel tempo ha prodotto una serie di inequivocabili effetti, che incidono proprio sulle dimensioni della sostenibilità. Di conseguenza realizzare un turismo sostenibile significa proprio ridisegnare i modelli di sviluppo turistico.

Si pone pertanto il problema della valutazione della sostenibilità nel turismo per quel determinato territorio e successivamente della misurazione di rilevanza ed efficacia a livello globale, verificando come la destinazione turistica possa tradurre la sua performance di sostenibilità in un miglioramento dello stato del Pianeta. In sostanza si tratta di individuare le strategie per minimizzare l’uso delle risorse – vedasi le certificazioni e i nuovi metodi per il risparmio dell’uso dell’energia e dell’acqua -, migliorare il benessere dei cittadini e attivare forme di partecipazione attiva alla vita pubblica. Tali obiettivi possono essere realizzati più facilmente in piccoli territori, mentre in quelli più grandi ci sono ancora complessi nodi da sciogliere. Per questo, soprattutto nel settore del turismo, non vi è ancora un unico modello capace di interpretare la sostenibilità in maniera adeguata a tutte le destinazioni.

È noto infatti che per tracciare la via della sostenibilità bisognerebbe rispondere a questi interrogativi: sostenibilità rispetto a cosa, a chi e come? Quali modalità di applicazione? I 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite possono essere considerati una road map della sostenibilità che indica le azioni da intraprendere a livello locale affinché si possa arrivare ad una equa distribuzione di risorse e ad un benessere sociale diffuso. I 17 Obiettivi sono applicabili al settore turistico in quanto una adeguata strategia diretta allo sviluppo del turismo può sicuramente raggiungere tali obiettivi. Molto spesso le azioni da intraprendere avranno un focus maggiore su un obiettivo, ma il raggiungimento di uno non esclude il conseguimento di altri.

Se con queste considerazioni possiamo ritenere il problema risolto, ancora in verità gli interrogativi aperti sono molteplici. Proviamo qui ad esemplificarli per cercare di dare delle linee guida agli operatori che combattono ogni giorno per la gestione sostenibile sia delle destinazioni sia di infrastrutture e servizi turistici.

Il primo tra questi riguarda l’uso delle tecnologie e delle innovazioni, utili a realizzare la sostenibilità del turismo. Prima di rispondere a questo quesito va considerato che le tecnologie non sono a disposizione di tutti e quindi occorre fare attenzione a non escludere parte della popolazione. Tale esclusione, peraltro, è contraria al raggiungimento degli Obiettivi dell’Agenda 2030. Da un lato le tecnologie possono costituire uno strumento utile ad una diversa combinazione dei fattori produttivi, limitando l’uso delle risorse naturali e ampliando la fruizione delle risorse, anche se sotto il profilo umano si potrebbe determinare una concentrazione delle attività turistiche in mano a pochi privilegiati, minando il conseguimento della sostenibilità locale, regionale e globale. Dall’altro lato aumentando il potenziale turistico si rischierebbe la dipendenza delle comunità locali di piccole dimensioni dalle fluttuazioni del mercato globale con evidenti ripercussioni economiche e sociali.

Altro interrogativo che si pone è come determinare gli obiettivi più efficaci per raggiungere la sostenibilità del turismo nei diversi territori. In particolare nelle medie/grandi città, dove già vi è affollamento di persone, con riferimento a coloro che praticano il turismo slow, ovvero quel tipo di turismo grazie al quale risiedono per un periodo molto lungo in una località andando a penetrare lo stile di vita dei residenti con conseguenze sia economiche che sociali non trascurabili. Il turista slow infatti prende mezzi pubblici, utilizza la sanità pubblica e tutti i servizi che i residenti pagano con le loro tasse, così che potrebbe insorgere un sovraffollamento nell’utilizzo di servizi e infrastrutture con un potenziale conflitto d’uso di risorse tra residenti e turisti. Tale conflitto chiaramente non sarebbe una base ottimale per la sostenibilità, in quanto alla lunga si potrebbero creare tensioni sociali e non ultimo un effetto di dimostrazione, negativo per la cultura locale. Al contrario il turista fast-moving (veloce) prende mezzi privati molto costosi ma anche molto energivori, consumando le risorse in poco tempo ma con una spesa molto alta tale da poter quasi bilanciare il consumo stesso di risorse. Si traduce in un impatto per la destinazione forse meno oppressivo per alcune risorse, senza entrare troppo in competizione con i residenti.

Altro interrogativo da sciogliere: quale è il grado della sostenibilità? Vi sono dei livelli o meglio degli indicatori che misurano la sostenibilità? Quali miglioramenti possono essere apportati e come? Per arrivare a tale grado di sostenibilità occorre far partecipare tutta la cittadinanza in maniera consapevole e responsabile al livello raggiunto ed educare la comunità locale e quella turistica a contribuire al costante monitoraggio della qualità ambientale, economica e sociale raggiunta. Questo successivo e importante passo non è ad oggi ancora del tutto chiaro. Soprattutto sono ancora incerte le strategie che nel lungo periodo possano soddisfare lo sviluppo turistico di un territorio, essendo il turismo stesso un fenomeno molto instabile, come è emerso in maniera evidente durante la pandemia. Il problema di mantenere stabile l’attività turistica in una destinazione è diventato condicio sine qua non per la sostenibilità stessa e per questo il dibattito attuale richiede un approfondimento su come affrontare le crisi a livello comunitario – locale e regionale – senza intaccare le risorse ambientali, sociali ed economiche, in modo che non si torni indietro, ma appunto si possa andare avanti, generando nuovo valore aggiunto.

La sostenibilità nel turismo è, come è stato dimostrato, un caleidoscopio dalle mille facce, ma certamente vale la pena applicarla nelle diverse dimensioni, sperando in un futuro più compatibile con le esigenze del Pianeta.

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