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di Paola Gianotti, ultra ciclista, speaker motivazionale e attivista ambientale

Mato Grosso, la “Giungla Fitta”

Nell’aprile di quest’anno ho attraversato il Mato Grosso in bicicletta per documentare ciò che è successo e sta succedendo in un territorio incredibile dal punto di vista ambientale ma violentemente deturpato dalla deforestazione, fenomeno causato dalla diffusione di agricoltura estensiva e allevamenti intensivi.

Mi sono recata in Brasile su invito del Console italiano Domenico Fornara in qualità di testimonial della manifestazione Ride Like A Pro Brasil, che si tiene a Campos do Jordao da un paio di anni e permette ai ciclisti brasiliani di vivere una giornata da Giro d’Italia. In questa occasione ho deciso di attraversare il Mato Grosso, Stato situato nella parte occidentale del Brasile il cui nome significa letteralmente “Giungla Fitta”. Territorio unico al mondo per l’enorme ricchezza di flora e fauna, racchiude un patrimonio biologico inestimabile ed è parte del polmone verde del mondo.

Il viaggio

Il primo impatto: Pantanal

Il mio viaggio è iniziato nella capitale Cuiabà ed è proseguito verso il Pantanal, zona umida più grande al mondo riconosciuta “Riserva della Biosfera” dall’Unesco, territorio che si estende a nord del Paraguay e nella Bolivia orientale. Qui ho pedalato su strade infinite di terra rossa, ho attraversato centoventicinque ponticelli in legno per giungere nella zona più fitta della foresta dove i fiumi, dal mese di novembre e con la stagione delle piogge, inondano gran parte del territorio creando un ecosistema ricco di fauna selvatica.

Ho incontrato Daniel, guida turistica che mi ha accompagnato lungo i rii all’interno del Pantanal, dove ho potuto ammirare la bellezza di un territorio tanto unico quanto fragile. Daniel, che vive e lavora a Porto Jofre, minuscolo villaggio costruito lungo le sponde del fiume, mi ha parlato dei terribili incendi a cui il territorio è andato incontro nel 2020 a causa dai cambiamenti climatici e probabilmente dei fazenderos avidi di terre da coltivare. Questi ultimi hanno distrutto il 30% del Pantanal uccidendo oltre 17 milioni di animali vertebrati (dati riportati da Scientific Reports, probabilmente ottimistici rispetto a quanto realmente successo).

Ciò che mi ha colpito di più è stata la sofferenza negli occhi di Daniel mentre ripensava alla distruzione del territorio che è per lui casa e lavoro, e alla morte di tutti quegli animali. All’interno del suo piccolo lodge ho potuto osservare diversi animali che Daniel ha salvato e curato dopo gli incendi. Lui stesso non riesce a capire il disinteresse di Stato e autorità verso una questione tanto grave per il Brasile e per il mondo intero.

Seconda tappa: Primavera do Leste

La consapevolezza delle problematiche ambientali legate al Mato Grosso si è fatta più profonda quando, lasciata Chapada Dos Guimaraes – riserva nazionale con alte pareti rocciose rosse e una natura rigogliosa ancora caratterizzata da cascate, animali selvatici e foreste intatte – ho iniziato a pedalare lungo la via della soia per arrivare a Primavera do Leste, città nata per l’agrobusiness. Passare dalla natura incontaminata alle migliaia di chilometri di cerrado distrutto per fare spazio ai campi di soia, cotone e mais è stato uno shock. Era impossibile vedere la fine dei campi coltivati; questi si estendono per chilometri e chilometri lungo un territorio la cui biodiversità è stata completamente distrutta.

Agricoltura estensiva

La soia coltivata non è destinata al nutrimento dell’uomo, ma per il 75% viene utilizzata come mangime per gli allevamenti intensivi di tutto il mondo. Secondo la FAO questi allevamenti sono causa di circa il 17% delle emissioni annue di gas serra: emettono più di tutte le automobili e i furgoni circolanti in Europa messi assieme. Si tratta della stessa soia che viene trasportata in Europa su inquinanti navi cargo. La stessa soia e le stesse coltivazioni che hanno distrutto le popolazioni indigene e le hanno costrette a vivere in riserve.

Terza tappa: Campinapolis e la vita delle popolazioni indigene

Il mio viaggio si è concluso nella riserva di Santa Clara a Campinapolis, dove ho conosciuto il capo villaggio e ho visto da vicino la difficile vita che conducono le popolazioni indigene. Non possono più cacciare e pescare perché i loro villaggi sono circondati da fazendas. I loro fiumi – unica fonte d’acqua – sono inquinati dai pesticidi usati nelle coltivazioni estensive, sostanze che stanno causando i primi tumori. Le loro terre sono state deturpate e le loro tradizioni stanno scomparendo. Gli uomini che non hanno più un ruolo e hanno perso la propria identità, quando possono si ubriacano e diventano violenti.

Il tragico impatto dell’agrobusiness sui territori del Maro Grosso

L’impatto dell’agrobusiness sugli Indios e sull’ambiente del Mato Grosso è devastante. Esso non ha portato ad un benessere generale della popolazione brasiliana, ma all’arricchimento di pochissimi miliardari fazenderos che mandano i propri figli a scuola in elicottero.

Questo viaggio è stato per me fondamentale per vedere e toccare con mano ciò che fino ad oggi avevo sempre e solo letto nei libri. La mia riflessione è questa: siamo nati alla latitudine giusta e nel continente giusto, abbiamo la fortuna di essere istruiti e consapevoli di ciò che succede nel mondo. Se la produzione industriale di carne e latticini provoca deforestazione, inquinamento, sofferenza animale, distruzione della biodiversità, consumo di acqua, sfruttamento, sterminio e deportazione di popolazioni intere, cosa ci fa continuare a consumare la carne proveniente dagli allevamenti intesivi? Io ho deciso di eliminarla dalla mia dieta da tempo perché rispetto il Pianeta, gli animali e le persone che lo abitano, e perché credo che ognuno di noi abbia il dovere di pensare all’impatto che le nostre azioni quotidiane hanno sul mondo. Perché se non si fa niente, non succede niente.

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